
La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 38590 depositata il 13 ottobre 2022 ha stabilito che è configurabile la violazione di domicilio a prescindere dall’attualità dell’uso dell’abitazione.
I giudici di legittimità evidenziano che – correttamente richiamando – a proposito dell’attualità dell’uso di un’abitazione, quale presupposto perché possa ricorrere il delitto di violazione di domicilio – quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui detta attualità “non implica la sua continuità e, pertanto, non viene meno in ragione dell’assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell’avente diritto” (Sez. 5, n. 29934 del 16/06/2006, Rv. 235151 – 01; cfr. pure, più di recente, Sez. 5, n. 33860 del 15/07/2021, n.m.
In conformità con quanto chiarito dalle Sezioni Unite che, nella pronuncia Sez. U, n. 31345 del 23/3/2017, Rv. 270076, hanno stabilito, proprio risolvendo numerosi dubbi in tema di concetto di “domicilio” a fini penalistici (in particolare esaminando le condizioni di configurabilità del delitto previsto dall’art. 624-bis cod. pen.), che rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale.
Ebbene, nel caso di specie, l’appartamento al cui interno si sono introdotti gli imputati, dopo averne effratto una porta finestra, pur essendo disabitato, era utilizzato dal proprietario come deposito di oggetti nella sua disponibilità, tanto da essere parzialmente arredato e da far sì che egli vi si recasse quotidianamente, anche con finalità di controllo. dunque, ha sostanzialmente evocato i caratteri di configurabilità della nozione di domicilio e di privata dimora, utili a consentire di inquadrare la fattispecie nel reato previsto dall’art. 614 cod. pen. – anzitutto la volontà di escludere terzi dall’ingresso e dall’uso dell’immobile senza il consenso del titolare e l’essere destinato l’appartamento ad atti della vita privata – ed ha proficuamente richiamato anche la giurisprudenza specifica sedimentatasi in relazione al delitto di violazione di domicilio.
In proposito, anche coordinando tali arresti con le affermazioni delle Sezioni Unite, che, da ultimo, devono guidare l’interprete nella soluzione della questione, rimane fermo che, ai fini della configurazione del reato di violazione di domicilio, il concetto di privata dimora è più ampio di quello di casa d’abitazione, comprendendo ogni altro luogo che, pur non essendo destinato a casa di abitazione, venga usato, anche in modo transitorio e contingente, per lo svolgimento di atti di vita privata (Sez. 5, n. 55040 del 20/10/2016, Rv. 268409; Sez. F, n. 41646 del 27/8/2013, Rv. 257228; cfr. anche, per i locali saltuariamente visitati e sorvegliati da chi ne abbia la disponibilità, in quanto l’attualità dell’uso non implica la sua continuità e non viene meno in ragione dell’assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell’avente diritto: Sez. 5, n. 48528 del 6/10/2011, Rv. 252116).
L’attualità dell’uso, cui è collegato il diritto alla tutela della libertà individuale, sotto il profilo della libertà domestica, non implica la sua continuità e, pertanto, non viene meno in ragione dell’assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell’avente diritto, la quale, qualora non sia accompagnata da indici rivelatori di un diverso divisamento, non comporta affatto, di per sé sola, la volontà di non tornare ad accedere all’abitazione né quella di abbandonare il domicilio (Sez. 5, n. 21062 del 5/3/2004, Rv. 229190).In conclusione, integra il reato di violazione di domicilio la condotta di chi si introduca, contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo, in un appartamento di proprietà altrui, adibito a deposito di oggetti personali e saltuariamente visitato nonché regolarmente chiuso e periodicamente sorvegliato da chi ne abbia la disponibilità, in quanto l’attualità dell’uso non implica la sua continuità e non viene meno in ragione dell’assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell’avente diritto.

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