
“Pur in presenza di un ricorso inammissibile, spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost., il potere di rilevare l’illegalità della pena determinata dall’applicazione di sanzione ab origine contraria all’assetto normativo vigente”.
È questa la risposta, contenuta nella sentenza n. 33809/2022 depositata in data odierna, che il massimo organo nomofilattico ha dato al seguente quesito: “se, in presenza di ricorso per cassazione, inammissibile per ragioni diverse dalla tardività, sia consentito alla Corte di cassazione rilevare ex officio la illegalità della pena, qualora sia stata irrogata in specie diversa da quella legale a in misura superiore al massimo edittale, e non si tratti di illegalità determinata da sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale di norma sul trattamento sanzionatorio e/o da mutamento normativo in melius.”
Il quesito era stato ovviamente originato dalla constatazione dell’esistenza di un conflitto interpretativo tra le sezioni semplici.
Ad un primo e più risalente orientamento, fondato essenzialmente sulla necessità di assicurare la certezza del giudicato, secondo il quale l’inammissibilità del ricorso precludeva al giudice di legittimità di rilevare officiosamente l’eventuale illegalità della pena, se ne contrapponeva infatti un secondo che, facendo perno sulla priorità di porre rimedio ad una situazione illegale, riteneva possibile l’uso del potere d’ufficio anche nel caso del ricorso inammissibile.
Le Sezioni unite, ricordando le proprie precedenti pronunce Ercolano e Gatto nelle quali si è complessivamente chiarito che sull’esigenza di certezza del giudicato deve prevalere “la più alta valenza fondativa dello statuto della pena, la cui legittimità deve essere assicurata anche in executivis”, hanno valorizzato i principi costituzionali espressi dalle norme costituzionali menzionate nella risposta al quesito e ricordato che “è la previsione legale della pena, secondo la Costituzione, a fondare la stessa potestà punitiva del giudice”, per poi concludere che “la pena che non sia prevista, nel genere nella specie o nella quantità, dall’ordinamento, è una pena che attesta un abuso del potere discrezionale attribuito al giudice, con l’usurpazione dei poteri esclusivi del legislatore”.
Coerentemente, “Il rilievo dell’illegalità della pena, anche ab origine, deve pertanto prevalere sul giudicato sostanziale”.
E quindi, la risposta, ampiamente condivisibile, non poteva che essere quella citata in apertura.

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