
La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 38078, depositata il 7 ottobre 2022, ha esaminato la questione dell’idoneità della condotta meramente oppositiva e senza coartazione effettiva della libertà di azione del pubblico ufficiale a configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Nel caso di specie la persona indagata era chiusa in casa e proferiva parole minacciose all’indirizzo dei pubblici ufficiali intervenuti, il Tribunale ha escluso l’idoneità della condotta ad impedire il compimento dell’atto dell’ufficio in considerazione sia del fatto che l’attività di mediazione era comunque proseguita sia del fatto che dette minacce erano state proferite dall’indagato mentre si trovava chiuso in casa e non erano state reiterate né attuate pertanto era da escludere la configurabilità di una condotta violenta.
Di contrario avviso la Suprema Corte che ha stabilito che le condotte sopra descritte costituiscono violenze rivolte a pubblici ufficiali per costringerli a omettere atti del loro ufficio prima di iniziarne lo svolgimento e integrano reato ex art. 337 cod. pen., per il compimento del quale non si richiede che sia stata effettivamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale, bastando la opposizione al compimento della sua attività indipendentemente dall’esito della condotta (Sez. 6, n. 46743 del 6/11/2013, Rv. 257512; Sez. 6, n. 45868 del 15/05/2012, Rv. 253983; Rv. 245855).
Il dolo specifico necessario per integrare il reato sta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia per ostacolare l’attività pertinente al pubblico ufficio o servizio in atto e non rileva che l’agente abbia mirato anche a altri scopi (Sez. 6, n. 38786 del 17/09/2014, Rv. 260469; Sez. 6, n. 36367 del 6/06/2013, Rv. 257100; Sez. 6, n. 22453 del 29/01/2009, Rv. 244060).

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.