La corte di appello penale di Roma: un buco nero (di Riccardo Radi)

La situazione dei procedimenti pendenti avanti la corte di appello di Roma è ben rappresentata dalla fotografia scelta per questo post.
Definire la corte di appello un buco nero non è una esagerazione, basti pensare che ci sono procedimenti che attendono di essere fissati da 9/10 anni.
Questa sorta di lenta “stagionatura” prelude il più delle volte alla dichiarazione di prescrizione e in un futuro molto prossimo alla dichiarazione di improcedibilità perché è arduo pensare che la mole di arretrato si possa volatilizzare con una bacchetta magica.
Noi possiamo solo registrare come esempio una bancarotta dichiarata con una sentenza di primo grado del Tribunale sezione VII collegiale del 17 giugno 2013 avverso la quale è stato presentato appello che, a distanza di oltre nove anni, attende di essere fissato, con l’effetto di prolungare la “prigionia” sia dell’accusato che della parte civile.
Così si è confidato amabilmente un presidente di sezione della nostra corte di appello penale:

Caro avvocato la leggo con piacere, nei suoi scritti traspare ancora la volontà di provare a migliorare una situazione deficitaria. Noi siamo allo sbando abbiamo 50.000 fascicoli pendenti e con il processo cartolare riteniamo possibile aumentare le definizioni del 10/15% in più, ma tutto ciò non serve a nulla.
Ho calcolato che per smaltire l’intero arretrato ci vorrebbero 6 anni senza la sopravvenienza di alcun nuovo fascicolo. Siamo alla bancarotta ma non si può dire
“,
Presidente posso scriverci un contributo o semplicemente un post?
Risposta: “Naturalmente, per questo che mi sono confidato“.