Reato di maltrattamenti: per la sua configurazione non basta la coabitazione, occorre la convivenza (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 38336 depositata l’11 ottobre 2022 ha esaminato la questione relativa alla configurabilità del reato di maltrattamenti nel caso di coabitazione.

I giudici di legittimità rilevano che nella giurisprudenza di legittimità sono state offerte differenti soluzioni nella lettura della disposizione incriminatrice prevista dall’articolo 572 c.p.

Per un verso, si è sostenuto che il reato di maltrattamenti possa configurarsi in una situazione caratterizzata dalla accertata esistenza di relazione sentimentale nella quale si è instaurato un vincolo di solidarietà personale tra i “partner” (Cassazione, sezione 6, n. 37077 del 3 novembre 2020, Rv 280431).

Per altro verso – con un indirizzo più pertinente al caso di specie – si è affermato che occorre affinché si configuri il delitto ex articolo 572 Cp, che fra l’agente e la persona offesa vi sia una relazione di convivenza. E per ritenerla integrata non basta la semplice coabitazione ma serve un progetto di vita comune e l’organizzazione stabile della quotidianità.

In tal senso la Suprema Corte ha stabilito che deve essere cassata con rinvio la sentenza d’appello che conferma la condanna dell’imputato per maltrattamenti in famiglia limitandosi ad affermare la sussistenza del requisito del reato pur in assenza della prova di un progetto di vita comune o di un’organizzazione stabile della quotidianità fra l’agente e la persona offesa, dovendosi ritenere che ai fini dell’applicazione della norma incriminatrice dell’articolo 572 Cp di “convivenza” si possa parlare solamente laddove risulti acclarata l’esistenza di una relazione affettiva qualificata dalla continuità e connotata da elementi oggettivi di stabilità: lungi dall’essere confuso con la mera coabitazione, il concetto di convivenza deve essere espressione di una relazione personale caratterizzata da una reale condivisione e comunanza materiale e spirituale di vita. (Cassazione sezione 2, numero 10222 del 23 gennaio 2019, Rv, 275617).

Nella sentenza di merito la Corte d’appello si limita ad affermare la sussistenza dei maltrattamenti senza verificare se la convivenza fra i due abbia o no una previsione di durata e non sia quindi meramente occasionale: ai fini del reato ex articolo 572 Cp si può parlare di convivenza soltanto quando si accerta che tra i partner c’è una relazione affettiva qualificata dalla continuità e connotata da elementi oggettivi di stabilità.

Insomma: il concetto di convivenza non può essere confuso con la semplice coabitazione perché deve essere espressione di un rapporto personale caratterizzato da una reale condivisione e comunione di vita, sia materiale sia spirituale.

È indispensabile rispettare la lettera della norma incriminatrice sostanziale in argomento e non modificarne la portata operativa in termini tali da formulare opzioni applicative fondate su soluzioni che rispondono ad una logica di interpretazione analogica in mala partem, non consentita in materia penale.