Quando la riqualificazione del fatto ti apre le porte del carcere non è una reformatio in peius (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 5 con la sentenza numero 37878 depositata il 6 ottobre 2022 ha stabilito che il giudice di merito può dare una diversa qualificazione giuridica al fatto e non è rilevante la circostanza per cui la sopravvenuta riqualificazione abbia reso impossibile all’imputata di vedere sospeso ex art. 656 comma 5 cod. proc. pen. l’ordine di carcerazione, ostandovi, per il disposto del successivo comma 9, il titolo del reato riconosciuto.

Nel caso esaminato il tribunale ha riqualificato il fatto da ricettazione in furto in abitazione, la difesa ricorreva in cassazione sostenendo la violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., in quanto, secondo la prospettazione difensiva, la corte territoriale, nel riqualificare il fatto ascritto all’odierna ricorrente, avrebbe travalicato i limiti posti alla sua cognizione (limitata ai profili oggetto d’impugnazione) ed avrebbe in concreto irrogato un trattamento sanzionatorio più grave, essendo il diverso reato ritenuto dalla corte territoriale ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione.

La Suprema Corte, nel respingere il ricorso ha ribadito che, in generale, pur in assenza di una richiesta dal pubblico ministero, l’attribuzione all’esito del giudizio, al fatto contestato, di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, non determina la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’art. 111, secondo comma, Cost., e dell’art. 6 della Convenzione EDU, come interpretato dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o, comunque, prevedibile per l’imputato e non abbia determinato, in concreto, una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel mutamento scaturiscono (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv 264438; Sez. 5, n. 11235 del 27/02/2019, Rv. 276125).

In sé, infatti, la diversa qualificazione del fatto effettuata dal giudice di appello non determina alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio, consentendo all’imputato di contestarla nel merito con il ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 19380 del 12/02/2018, Rv. 273204).

Né, sotto tale profilo, può essere ritenuta rilevante la circostanza per cui la sopravvenuta riqualificazione abbia reso impossibile all’imputata di vedere sospeso ex art. 656 comma 5 cod. proc. pen. l’ordine di carcerazione, ostandovi, per il disposto del successivo comma 9, il titolo del reato riconosciuto. E ciò in quanto il predetto divieto, secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, riguarda solo il trattamento sanzionatorio e non il successivo e diverso trattamento penitenziario (Sez. 2, n. 42396 del 30/06/2016, Rv. 268607; Sez. 5, n. 10445 del 14/12/2011, Rv. 252007).