Patrocinio a spese dello Stato: il difensore ha diritto alla liquidazione dei compensi nel procedimento di opposizione al rigetto della domanda di ammissione (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 4 con la sentenza numero 37229 del 3 ottobre 2022 ha accolto il ricorso di un avvocato che lamentava il mancato riconoscimento dei compensi nel procedimento di opposizione al rigetto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Il ricorrente impugna il provvedimento nella sola parte in cui il giudice, pur accogliendo interamente il ricorso, ha dichiarato compensate tra le parti le spese di lite.

In particolare, deduce che il provvedimento è viziato da violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. in quanto in base a tali norme la parte soccombente deve essere condannata al rimborso delle spese a favore della parte vittoriosa e, in ogni caso, la pronuncia di compensazione delle spese tra le parti deve essere motivata.

I giudici di legittimità osservano che costituisce principio consolidato (Sez. U, n. 25931 del 24/04/2008, Rv. 239632, non massimata sul punto; Sez. 3, n. 22757 del 04/04/2018, Rv. 273108 – 01; Sez. 4, n.29990 del 27/06/2007, Rv.237000) quello secondo il quale, in tema di patrocinio dei non abbienti, il difensore ha diritto alla liquidazione anche dei compensi relativi all’attività svolta nel procedimento di opposizione al provvedimento di rigetto della domanda di ammissione al beneficio. Si è osservato che per un verso, infatti, l’art. 109 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 non fa decorrere gli effetti dell’ammissione al patrocinio dalla data del relativo provvedimento, bensì da quella in cui è stata presentata la domanda, per l’altro, l’art.75, comma 1, del medesimo decreto espressamente estende gli effetti dell’ammissione a tutte le procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse al procedimento penale, tra le quali deve essere annoverata quella originata dal rigetto della domanda di ammissione.

E si è precisato che è corretta l’inclusione in dette procedure del procedimento di opposizione al provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio, in quanto direttamente connesso alla proposizione dell’istanza e all’interesse del patrocinando, escludendosi il diritto del difensore al compenso esclusivamente nelle ipotesi in cui l’impugnazione sia dichiarata inammissibile (art.106 d.P.R. n.115/2002).

La procedura di riferimento, in caso di opposizione al provvedimento di rigetto, è indicata dall’art.99, comma 3, d.P.R. n.115/2002, che richiama il rito speciale previsto per la liquidazione gli onorari di avvocato, ora regolato dagli art. 14 e 15 L. n. 150/2011, che hanno tipizzato i procedimenti relativi alle liquidazioni degli onorari di avvocato, rinviando all’art. 702 bis e segg. cod. proc. civ., ovverosia al procedimento sommario di cognizione introdotto con l’art. 51 L. n. 69/2009.

In precedenti decisioni della quarta sezione si è già affermato che il rinvio operato dal terzo comma dell’art. 99 d.P.R. n.115/2002 al procedimento previsto per la liquidazione degli onorari da avvocato, originariamente disciplinato dagli artt. 28 e segg. L. n. 794/1942, attualmente regolato, come detto, dal procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis segg. cod. proc. civ., non esclude la permanente validità del principio enunciato dalle Sezioni Unite Graziano secondo il quale il sub-procedimento relativo all’ammissione al patrocinio e all’impugnazione del provvedimento di rigetto devono ritenersi regolati dalle disposizioni generali previste dall’ordinamento per il procedimento principale con il quale si trovano in rapporto di incidentalità (Sez. Unite, n. 30181 del 24/05/2004, Rv. 228118; Sez. 4, n. 29385 del 26/05/2022, n.m.; Sez. 4, n. 29384 del 26/05/2022, n.m.; Sez. 4, n.1 3230/2022 del 27/01/2022, n.m.; Sez. 4, n. 1223 del 16/10/2018, dep. 2019, Rv. 274908).

Tali criteri interpretativi non hanno, tuttavia, particolari ricadute sulla disciplina delle spese del procedimento tra le parti private, che è regolata dagli artt.91 ss. cod. proc. civ., sia in ragione dei princìpi ai quali si attiene nel processo penale il giudice chiamato a regolare tale punto della decisione (Sez. 1, n. 11175 del 22/01/2021, Rv. 280901 – 01; Sez. 6, n. 54641 del 27/09/2018, Rv. 274635 – 02; Sez. 5, n. 16614 del 12/01/2017, Rv. 269675 – 01), sia in ragione della natura sostanzialmente civilistica del procedimento in esame (Sez. 4, n. 35693 del 19/04/2018, in motivazione).

L’articolo 99, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 attribuisce esplicitamente all’ufficio finanziario, al quale va notificato il ricorso in opposizione, la natura di parte del medesimo, e sebbene ai sensi dell’art 92 cod. proc. civ., la compensazione delle spese tra le parti, totale o parziale, sia ammessa se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, tuttavia tale regola non può essere applicata con irragionevole automatismo nel procedimento in esame, nel quale l’ufficio finanziario è costituito parte ex lege, senza che a ciò corrisponda quella sostanziale condizione di rimproverabilità per aver dato indebitamente causa al procedimento, che è la ragione sottostante alle previsioni in tema di condanna al pagamento delle spese processuali.

Già in materia di procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione la Corte di legittimità ha chiarito che, pur avendo il relativo rapporto processuale natura civilistica, ancorché inserito in una procedura che si svolge davanti al giudice penale (si tratta, infatti, di controversia che ha ad oggetto il regolamento di interessi patrimoniali tra il privato e lo Stato), il carico delle spese di tale procedura va sì regolato secondo il principio di soccombenza di cui all’art. 91 cod. proc. civ., ma occorre anche considerare che l’attivazione di tale procedura è assolutamente necessaria perché il privato consegua l’indennizzo dovuto, sicché lo Stato, e per esso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non può spontaneamente procedere, in mancanza di tale attivata procedura e quindi stragiudizialmente, a determinazione alcuna, né relativamente all’an, né relativamente al quantum debeatur in ordine alla pretesa del privato.

Se ne è quindi tratta la conseguenza che, ove la Pubblica Amministrazione non si opponga affatto alla richiesta del privato, né sull’an, né sul quantum della pretesa fatta valere, essa non può essere considerata soccombente nella relativa procedura e non può, quindi, essere condannata al rimborso delle spese processuali sostenute dalla parte privata (Sez. 4, n.41307 del 02/10/2019, Min. Econ. e Fin., Rv. 277357 – 02; Sez. 4, n. 15209 del 26/02/2015, Min. Econ. e Fin., Rv. 263141).

In termini del tutto analoghi deve ritenersi che nel procedimento di opposizione di cui all’art. 99 d.P.R. n.115/2002, necessariamente attivato dall’interessato che intenda essere ammesso al beneficio, a prescindere da qualsivoglia azione di contrasto spiegata dalla pubblica Amministrazione.

Sicché la P.A., nel caso non emerga che si sia opposta alla pretesa dell’interessato, non può essere considerata soccombente e non può pertanto essere condannata al rimborso delle spese processuali sostenute dalla parte privata.

Applicando tali principi al caso in esame, la cassazione rileva che il giudice di merito ha del tutto omesso di esplicitare la motivazione a sostegno della decisione adottata.

Nel caso concreto, risulta dunque dirimente nel senso della fondatezza del ricorso, l’assenza di motivazione del provvedimento di compensazione, graficamente aggiunto a penna nel dispositivo senza alcun riferimento a tale statuizione nel corpo motivazionale del provvedimento.

La cassazione enuncia il principio: “in tema di patrocinio dei non abbienti, il difensore ha diritto alla liquidazione anche dei compensi relativi all’attività svolta nel procedimento di opposizione al provvedimento di rigetto della domanda di ammissione al beneficio”.

Ne consegue l’annullamento del provvedimento impugnato con specifico riferimento al punto della decisione che concerne le spese del giudizio, con rinvio all’autorità giudiziaria, funzionalmente competente, per nuovo esame sul punto.