Malversazione di erogazioni pubbliche: chiarimenti della Cassazione sul momento della consumazione

Vicenda

Un giudice delle indagini preliminari (GIP), su richiesta del Procuratore europeo, ha disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta o per equivalente di una somma di denaro a carico di AA e della SS SRL di cui lo stesso AA è legale rappresentante.

AA è accusato del reato previsto dall’art. 316-bis c.p. (Malversazione di erogazioni pubbliche) e dell’illecito amministrativo di cui all’art. 24, commi 1 e 3, d.lgs. n. 234/2001.

La condotta sottostante all’accusa sarebbe consistita, dopo che la SS SRL aveva ottenuto un finanziamento regionale per l’acquisto di un’imbarcazione da diporto finalizzato a rafforzare e qualificare i sevizi turistici della regione finanziatrice, nell’uso della stessa in porti ubicati nel territorio di una diversa regione.

Il tribunale del riesame (TDR) ha confermato il provvedimento del GIP.

Il procuratore speciale della SS ricorre per cassazione contro l’ordinanza di conferma.

Deduce l’insussistenza dell’illecito amministrativo e del reato presupposto e la violazione dell’art. 273 c.p.p. indicando plurimi elementi di fatto: a) la regione finanziatrice aveva prorogato il termine per la realizzazione delle opere e rinviato il pagamento degli stati di avanzamento lavori (SAL); b) il miglioramento dell’offerta turistica regionale non implicava che l’imbarcazione fosse impiegata solo verso destinazioni interne al territorio regionale; c) le indagini avevano trascurato di verificare l’esistenza di rapporti commerciali della SS con una pluralità di compagnie.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è stato assegnato alla sesta sezione penale che lo ha definito con la sentenza n. 32828/2022 (udienza dell’8 luglio 2022).

Il collegio ha ritenuto che la questione essenziale da risolvere consistesse nella “individuazione del momento consumativo del reato presupposto di malversazione a danno dello Stato” il quale, come hanno chiarito le Sezioni unite con la sentenza n. 20664/2017, “può essere commesso sia attraverso una mera omissione sia attraverso una destinazione dei fondi pubblici ottenuti a fini privati o, comunque, diversi da quelli da quelli perseguiti dall’ente erogante”.

Ha ricordato che, per giurisprudenza costante, il delitto in esame “è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui le sovvenzioni, i finanziamenti o i contributi pubblici vengono distratti dalla destinazione per cui sono erogati ma ha contestualmente ricordato che “le pronunce che hanno affermato tale principio sono pervenute a conclusioni non pienamente simmetriche in relazione alle fattispecie concrete in cui l’atto di concessione dell’erogazione prevedeva un termine per la realizzazione delle opere o delle attività di pubblico interesse”.

C’è infatti un primo indirizzo (espresso da Sez. 6^, sentenza n. 40375/2002) che considera rilevante il predetto termine ai fini della consumazione del reato, affermando che “poiché il reato previsto dall’art. 316-bis cod. pen. ha come scopo quello di reprimere le frodi successive al conseguimento di prestazioni pubbliche, attuate non destinando i fondi ottenuti alle finalità per le quali essi sono stati erogati, il reato si perfeziona non nel momento in cui il finanziamento viene erogato o in quello in cui i fondi vengono in ipotesi impiegati per altro scopo, ma nel momento in cui si attua la mancata destinazione dei fondi allo scopo per il quale erano stati ottenuti”.

Ad esso si contrappone un secondo orientamento (espresso da Sez. 6^, sentenza n. 40830/2010 e ulteriormente consolidato e specificato da varie decisioni successive) per il quale, posto che l’art. 316-bis c.p. sanziona l’inadempimento dell’obbligazione di destinare i fondi pubblici alla realizzazione di opere o attività di pubblico interesse per cui sono stati assegnati, ha ritenuto che il reato si perfeziona e si consuma nel momento in cui si verifica tale inadempimento, non essendo ipotizzabile, in ragione della natura istantanea del reato, la permanenza dell’azione tipica che ne determina la consumazione.

Si è poi profilato recentemente un punto di incontro e sintesi tra le due differenti soluzioni.

La sesta sezione penale (sentenza n. 19851/2022) ha infatti chiarito che pur essendo rilevante il termine fissato con l’atto di erogazione del finanziamento, l’individuazione del tempo della “omessa destinazione” del finanziamento può tuttavia dipendere da una pluralità di fattori, relativi alle condizioni contrattuali e alla tipologia delle sovvenzioni/finanziamenti, che rendono imprescindibile il confronto dell’interprete con le specifiche situazioni concrete”.

Ciò equivale a dire che “in linea generale, qualora il contratto o la normativa prevedano un termine per la realizzazione delle opere o per lo svolgimento di specifiche attività di pubblico interesse, il delitto di malversazione a danno dello Stato non può considerarsi perfezionato prima della scadenza di detto termine […] tale principio generale va, tuttavia, integrato dall’analisi delle specifiche condizioni previste dall’atto di erogazione del finanziamento o della sovvenzione cosicché, qualora l’erogazione sia stata subordinata a condizioni e vincoli ulteriori rispetto alla specifica destinazione pubblicistica per cui le somme sono erogate, il momento consumativo del reato potrebbe essere individuato, non alla scadenza del termine, ma in un momento antecedente, allorché il mancato rispetto delle condizioni e dei vincoli determini una irreversibile compromissione della realizzazione della finalità perseguita con l’erogazione pubblica”.

Il collegio della sesta sezione penale ha ritenuto di aderire a questo orientamento intermedio.

In applicazione dei relativi parametri, ha rilevato che il TDR ha analizzato solo parzialmente la disciplina regolatrice del finanziamento contenuta nell’avviso pubblico e il rapporto tra tale disciplina e l’atto di adesione sottoscritto dalla SS SRL, particolarmente in riferimento ai termini progressivi per l’avvio dell’attività finanziata e per il suo completamento con gli investimenti richiesti.

Ha sottolineato conseguentemente che, alla data di accertamento del reato indicata nell’imputazione provvisoria, non era ancora decorso il termine per la realizzazione del progetto finanziato.

L’epilogo, a questo punto scontato, è stato l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo esame finalizzato a verificare se, alla data dell’accertamento potesse ritenersi perfezionato il reato presupposto e, per l’effetto, l’illecito amministrativo contestato alla società ricorrente.