
Ogni processo ed ogni sentenza hanno una storia particolare, direi unica.
Se prendiamo dieci processi per droga con quantitativi simili e medesima sostanza drogante avremo dieci sentenze con pene diverse o contrastanti.
Di “crudeltà arbitrarie” parlò negli anni ‘70 il giudice americano Marvin E. Frankel, denunciando, dati alla mano, un’incredibile variabilità, fra un imputato e l’altro, del peso delle condanne.
Scrisse Frankel: “Capii che non dipendeva tanto dal caso o dal singolo imputato” scrisse, “quanto dal singolo giudice, cioè dalle sue opinioni, preferenze, bias.”
Frankel era un giudice federale della città di New York City, che sollecitò una riforma in un libro pubblicato nel 1973 in cui attaccò l’ampia discrezionalità nel sentencing assegnata ai giudici e che produceva profonde disparità quanto a condanne adottate nei riguardi di imputati che si trovavano in situazioni similari.
Durante lo stesso periodo, erano stati pubblicati anche degli studi che dimostravano — non sorprendentemente — come giudici cui erano stati dati i medesimi sentencing files arrivarono a sentencing decisions che a volte si differenziavano notevolmente tra di loro. In uno di questi studi, furono assegnati a 50 giudici federali 20 identici casi e chiesto loro quale pena essi avrebbero irrogato a ciascun imputato. Il risultato evidenziò una “madornale disparità” in cui, ad esempio, un giudice irrogò nei riguardi di un pubblico ufficiale condannato per extortionate credit transactions una pena a 20 anni di reclusione ed una multa di 65,000 dollari, mentre un altro giudice condannò lo stesso imputato a 3 anni di prigione e nessuna multa. In sintesi, i giudici avevano opinioni molte diverse circa la gravità di certi crimini ed il tipo di pena da riservare ad essi.
Da Frankel, e dal dibattito che ne seguì, prende le mosse “Rumore”, un libro di Daniel Kahneman, Nobel 2002, per le sue ricerche su “il giudizio umano e le decisioni in condizioni d’incertezza”.
Cos’è il rumore? Tutto quello in cui siamo immersi e che contribuisce all’errore della mente umana, in tutti i campi. Mentre il bias, cioè il pregiudizio, l’inclinazione, provoca un errore costante, dunque prevedibile, il rumore contribuisce invece all’errore in maniera assolutamente casuale.
Ferme restando le differenze fra sistema giuridico americano (dove colpa e punizione sono responsabilità distinte fra giuria e giudice) e il nostro, “Delitto e rumoroso castigo” è uno dei capitoli più scioccanti del libro.
Con una ricerca vastissima Kahneman dimostra che un giudice può essere severo o indulgente di carattere, e già essere assegnato all’uno o all’altro è la prima lotteria: ma poi che nessun giudice è mai uguale a se stesso, e il suo giudizio varia a seconda delle circostanze.
Dallo studio di 1 milione e mezzo di sentenze emesse nell’arco di 3 decenni, ad esempio Kahneman arriva alla conclusione che i giudici sono più severi nei giorni successivi alla sconfitta della loro squadra. Da 6 milioni di sentenze emesse da giudici francesi nell’arco di 12 anni, che questi sono più clementi nel giorno del compleanno degli imputati.
Da 207mila decisioni del tribunale dell’immigrazione in 4 anni, che quando fa caldo è più difficile ottenere l’asilo. E che dopo 3 domande d’asilo accettate di seguito, la quarta viene respinta. Che i giudici sono più propensi a concedere la libertà condizionale all’inizio della giornata o dopo la pausa pranzo.
Un giudice affamato cioè è più severo. E così via.
Quindi, Signor Giudice, è digiuno? Allora per il mio processo passo domani.

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.