
Patrocinio a spese dello Stato: l’onere del buon funzionamento degli uffici del tribunale non può ricadere sull’avvocatura.
Inutile negarlo l’avvocato è costretto spesso ad un doppio, triplo lavoro per ottenere il pagamento di quanto dovuto per l’attività professionale prestata quale difensore ammesso al Patrocinio a spese dello Stato.
La burocrazia e le inefficienze degli uffici dei tribunali creano delle situazioni paradossali come quella che sto per raccontare.
Ai cronici ritardi si sommano i numerosi smarrimenti dei decreti di liquidazione che costringono gli avvocati a defatiganti ricerche e versamenti di bile nelle varie cancellerie dei tribunali.
Le cancellerie o l’ufficio modello 12 del Tribunale di Roma smarriscono due decreti di liquidazione, l’avvocato produce le copie in suo possesso e chiede di ricostruire le due pratiche ma la risposta burocratica è “servono gli originali”.
All’osservazione del legale che gli originali sono stati persi proprio dagli uffici del tribunale l’ufficio del modello 12, delegato al pagamento, fa spallucce e comunica per le vie brevi, in questi casi mai per scritto, all’avvocato di darsi da fare per ritrovare nelle cancellerie o in archivio gli originali dei decreti di liquidazione.
L’avvocato a questo punto prende le sue copie ed aziona un decreto ingiuntivo.
Il Giudice di Pace di Roma con la sentenza n. 25248 del 2021 ha condannato il Ministero della Giustizia che si era opposto al decreto ingiuntivo emesso a fronte di due decreti di liquidazione per compensi professionali relativi ad attività prestata da un legale per due assistiti ammessi al patrocinio a spese dello Stato.
Il Ministero opponente aveva dedotto che “non risultano mai trasmessi i decreti di pagamento né le relative fatture all’ufficio competente” e chiedeva l’annullamento del decreto ingiuntivo.
In sostanza, secondo il Ministero della Giustizia la mancata trasmissione da parte delle cancellerie all’ufficio modello 12 dei decreti di pagamento emessi dal giudice era un “onere” dell’avvocato che avrebbe dovuto farsi parte diligente a reperire i decreti e chiederne la trasmissione all’ufficio competente.
Il Ministero sottolineava che il legale non aveva emesso alcuna fattura in relazione ai decreti di pagamento azionati.
L’avvocato opposto si costituiva in giudizio eccependo che “è compito delle cancellerie e non dell’avvocato la trasmissione dei decreti di pagamento all’Ufficio Spese Pagate dello Stato”.
Inoltre, risultava inconferente e incoerente richiedere all’avvocato l’emissione preventiva di fatture su mandati di pagamento smarriti da parte degli uffici del Ministero della Giustizia opponente.
Il Giudice di Pace di Roma respingeva la domanda del Ministero della Giustizia che condannava alle ulteriori spese di giudizio rilevando che la circostanza della mancata trasmissione dei documenti necessari per provvedere al pagamento non contesta il credito vantato e azionato dal legale.
La sentenza è divenuta definitiva ed ora il Ministero della Giustizia ha pagato oltre il credito azionato dal legale anche le spese liquidate del decreto ingiuntivo e del giudizio instaurato a seguito dell’opposizione, in pratica la somma della sorte iniziale risulta più che raddoppiata.
Risulta quasi comica l’osservazione dell’Avvocatura Generale dello Stato che chiamata ad esprimere un suo parere sull’atto di precetto per sorte e spese notificato al Ministero scrive: “il decreto opposto è stato confermato con una motivazione del giudicante che è parsa condivisibile, considerando che comunque, sulla base dei documenti in possesso dello Scrivente, ed allegati in giudizio il credito è risultato dovuto (in base ai decreti di liquidazione) e non estinto”. Se era tutto così palese come mai l’avvocatura ha proposto opposizione al decreto di pagamento?
All’interrogativo non ci sarà mai risposta. La conclusione di questa storia di ordinaria sciatteria burocratica spinge a chiedere: ci sarà qualcuno chiamato rispondere del danno erariale causato dal cattivo funzionamento degli uffici? Ne dubitiamo. In conclusione, l’onere del buon funzionamento degli uffici del tribunale non può ricadere sull’avvocatura.
E insomma, come diceva Oscar Wilde, “Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto”. L’avvocato della storia ha dovuto osare (andare in giudizio) per non perdere il suo credito. Ma vi pare cosa?

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