Secondo Cassazione penale, Sez. 4^ sentenza n. 33548/2022, udienza dell’8 marzo 2022, l’assunzione di una determinata carica, che comporti l’acquisizione di una posizione di garanzia, implica l’accertamento della sussistenza della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola violata, valutando la situazione di fatto in cui ha operato. In particolare, occorre stabilire tempi e modi di apprensione delle informazioni connesse al ruolo svolto in ordine al giudizio sull’esigibilità del comportamento dovuto, circostanza indispensabile per fondare uno specifico rimprovero per un atteggiamento antidoveroso della volontà. Diversamente opinando, infatti, si porrebbe in capo al datore di lavoro un’inaccettabile responsabilità penale di posizione, tale da sconfinare in responsabilità oggettiva, in luogo di una invece fondata sull’esigibilità del comportamento dovuto.
Vicenda giudiziaria
FC è stato condannato in primo grado in quanto riconosciuto responsabile, nella qualità di presidente del consiglio d’amministrazione ed amministratore delegato di una società ed in concorso con altre persone, del delitto di lesioni colpose aggravate in danno di un operaio che prestava servizio presso la medesima società, fatto contestato come avvenuto il 10 agosto 2014. Il suo specifico profilo di colpa è stato individuato nella violazione degli artt. 17 e 29, comma 1, d.lgs. n. 81/2008 per non avere provveduto ad elaborare il documento di valutazione dei rischi (DVR).
Dalla riassunzione della decisione di primo grado fatta nella sentenza della quarta sezione penale, si ricava che FC, divenuto amministratore delegato della società a gennaio del 2014 e assunta la qualifica formale di datore di lavoro dell’infortunato, “è stato ritenuto responsabile in quanto, ancorché dimostratosi sensibile al tema della sicurezza, non aveva rispettato l’obbligo […] di redigere un DVR adeguato o, in presenza di un documento già predisposto dal suo predecessore, di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia; il DVR era generico e poco chiaro (non dando conto nel dettaglio delle lavorazioni e delle procedure operative adottate), come sottostimasse il rischio inveratosi […] e, inoltre, non prevedeva misure precauzionali (cioè presidi volti a scongiurare o limitare il più possibile il verificarsi dei rischi evidenziati”.
La Corte di appello ha confermato la condanna, affermando quanto alla posizione di FC che “l’assunzione della carica di amministratore delegato […] aveva comportato ipso iure l’assunzione da parte del medesimo della posizione di garanzia prevista dal d. lgs n. 81 del 2008: [FC] sosteneva di non poter essere chiamato a rispondere delle “conseguenze” correlate alle erronee valutazioni contenute nel DVR predisposto dal suo predecessore, non avendo avuto il tempo necessario per avvedersi della reale situazione circa il rispetto della normativa antinfortunistica all’interno della società. Siffatta prospettazione doveva ritenersi erronea, in quanto dal momento di assunzione della posizione di garanzia derivante ope legis non sono ipotizzabili momenti di sospensione ovvero di attenuazione di tale status che consentano al soggetto gravato dall’obbligo di non adempiere integralmente a quanto normativamente imposto. Sin dalla data di assunzione della veste di amministratore delegato della società [FC] aveva iniziato a ricoprire la carica di datore di lavoro […] e dal quel momento era, pertanto, tenuto a rispettare ed a fare rispettare tutte le normative vigenti nella materia de qua, anche qualora il D.V.R., in precedenza elaborato, si presentasse incompleto od erroneo”.
La difesa di FC ha fatto ricorso per cassazione, deducendo due motivi.
Qui interessa soprattutto il primo, fondato sulla violazione degli artt. 43 e 590 c.p., così congegnato: “ [FC] aveva assunto la carica di amministratore delegato e la qualifica di datore di lavoro il 24 gennaio 2014 e si era immediatamente attivato per farsi carico della gestione delle complesse tematiche […] riguardanti lo stabilimento produttivo di rilevanti dimensioni di B., per acquisire le conoscenze della situazione attuale e per valutare i necessari miglioramenti. Nei sei mesi intercorsi tra l’assunzione della carica e l’infortunio per cui si procede egli non aveva potuto esplorare l’adeguatezza dell’organizzazione della sicurezza e dell’analisi del rischio di cui al DVR ereditato dal predecessore. [FC] attendeva gli esiti di una generale ed approfondita attività di revisione e implementazione della valutazione del rischio affidata alle conoscenze e all’esperienza di una impresa terza specializzata, A. SRL”.
Decisione della Corte di cassazione
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso di FC.
Hanno premesso che “la colpa ha un versante oggettivo, incentrato sulla condotta posta in essere in violazione di una norma cautelare, e un versante di natura più squisitamente soggettiva, connesso alla possibilità dell’agente di osservare la regola cautelare. Il rimprovero colposo riguarda infatti la realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l’osservanza delle norme cautelari violate (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261106 e ss.). Il profilo soggettivo e personale della colpa è generalmente individuato nella possibilità soggettiva dell’agente di rispettare la regola cautelare, ossia nella concreta possibilità di pretendere l’osservanza della regola stessa: in poche parole, nell’esigibilità del comportamento dovuto. Si tratta di un aspetto che può essere collocato nell’ambito del principio di colpevolezza, intesa anche con riferimento al suo profilo costituzionale (art. 27 Cost.), in quanto esprime il rimprovero personale rivolto all’agente. Si tratta di un profilo della responsabilità colposa recentemente approfondito dalla giurisprudenza nel tentativo di personalizzare il rimprovero dell’agente attraverso l’introduzione di una doppia misura del dovere di diligenza, che tenga conto non solo dell’oggettiva violazione di norme cautelari ma anche della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue specifiche qualità personali e la situazione di fatto in cui ha operato (Sez. 4, n. 1096 del 08/10/2020, dep. 2021, Rv. 280188; Sez. 4, n. 32507 del 16/04/2019, Rv. 276797).
Hanno quindi ricordato che “L’assunzione di una determinata carica, che comporti l’acquisizione di una posizione di garanzia, implica l’accertamento della sussistenza della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola violata, valutando la situazione di fatto in cui ha operato. In particolare, occorre stabilire tempi e modi di apprensione delle informazioni connesse al ruolo svolto in ordine al giudizio sull’esigibilità del comportamento dovuto, circostanza indispensabile per fondare uno specifico rimprovero per un atteggiamento antidoveroso della volontà. Diversamente opinando, infatti, si porrebbe in capo al datore di lavoro un’inaccettabile responsabilità penale «di posizione», tale da sconfinare in responsabilità oggettiva, in luogo di una invece fondata sull’esigibilità del comportamento dovuto (sul rischio di sconfinamento nella responsabilità oggettiva in ragione della mera posizione assunta, vedi Sez. 4, n. 1096 del 08/10/2020, dep. 2021, non massimata sul punto; Sez. 4, n. 32507 del 2019 cit., non massimata sul punto; Sez. 4, n. 20833 del 03/04/2019, non massimata sul punto)”.
Nel caso di specie – si legge in motivazione – “[FC] assumeva la posizione di garanzia alla data di nomina quale amministratore delegato. Nelle società di capitali, infatti, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 8118 del 01/02/2017, Rv. 269133, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del Presidente del Consiglio di amministrazione di una società per l’infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancata manutenzione dei macchinari cui lo stesso era assegnato). Nella sentenza impugnata si è affermato che, alla data di assunzione dell’incarico, [FC] avrebbe dovuto acquisire preventivamente notizie circa la situazione aziendale in materia di sicurezza e così porsi in condizione di adempiere immediatamente ai propri doveri. Sul punto, tuttavia, deve rilevarsi che, nella fattispecie, la Corte territoriale non risulta aver svolto un adeguato accertamento in ordine all’elemento soggettivo e, in particolare, alla possibilità di pretendere il rispetto della regola cautelare violata. Più nello specifico, è mancata una verifica finalizzata a verificare le ragioni del mancato avvio di iniziative in tema di sicurezza del lavoro e se, nel lasso temporale intercorrente tra la data di investitura quale legale rappresentante e quella del sinistro, alla luce delle dimensioni della società e della tipologia di attività espletata, egli poteva ragionevolmente mettersi in condizione di conoscere ogni eventuale problema connesso al lavoro dei dipendenti, operare gli approfondimenti tecnici necessari, anche attraverso deleghe a persone esperte ed effettuare una corretta valutazione dei rischi (Sez. 4, n. 55005 del 10/11/2017, non massimata sul punto). In particolare, sebbene sia generalmente auspicabile, in un ambito di normali rapporti tra amministratori che si succedono tra loro, che prima della designazione il subentrante venga preventivamente informato della situazione della società in relazione a tutti i risvolti, tra cui quello della sicurezza sul lavoro, non è detto che ciò sia realmente avvenuto. Occorre anche stabilire i tempi per provvedere alle verifiche dello stato dei luoghi, per comunicare coi precedenti addetti, per predisporre gli appositi interventi tecnici qualora necessari, ecc.. […] In sostanza, è mancata un’analisi complessiva circa la possibilità del titolare della posizione di garanzia di incidere concretamente ai fini dell’eliminazione degli inconvenienti riscontrati, che avevano provocato l’evento lesivo”.
La sentenza impugnata è stata pertanto annullata con rinvio nella parte riguardante FC.
Considerazioni conclusive
La decisione commentata merita apprezzamento.
Rimuove infatti gli automatismi che fanno discendere dall’assunzione di determinate cariche sociali una sorta di responsabilità oggettiva indifferente alle concrete dinamiche della vita d’impresa.
Spinge verso un’adeguata valutazione dell’esigibilità della condotta richiesta dal legislatore e soprattutto esige un’attenzione capillare a ciascuno degli elementi da cui dipende la ricorrenza dei due necessari profili – soggettivo e oggettivo – della colpa.
Si sarebbe tentati di definirla una sentenza garantista ma sarebbe come cedere a una semplificazione impropria.
È solo una sentenza attenta ad ognuno degli elementi costitutivi del reato contestato ed è questo il suo valore.
