
La cassazione e il fine di spaccio, il crocevia di tutti i processi in materia di droghe.
Il fine di spaccio costituisce elemento costitutivo della fattispecie di detenzione illegale di droga.
Preliminarmente, ricordiamo che in tema di stupefacenti: “la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità, poiché, al contrario, la destinazione della sostanza allo “spaccio” è elemento costitutivo del reato di illecita detenzione della stessa e, come tale, deve essere provata dalla pubblica accusa; non spetta, pertanto, all’imputato dimostrare la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente di cui sia stato trovato in possesso” (Cassazione penale, sezione VI, n. 47225 del 28 dicembre 2021).
La recentissima sentenza della cassazione sezione 3 numero 35375 depositata il 22 settembre 2022 ha precisato che: “In tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziarla al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione. (Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014 – dep. 12/11/2014, Rv. 260991)”.
La giurisprudenza della Suprema Corte da sempre ha ritenuto che il giudice di merito in materia di stupefacenti valuta, in ordine alla destinazione – se personale o ai fini di spaccio -, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008 – dep. 28/11/2008, Rv. 241604).
In tal proposito ripercorriamo l’interessante motivazione della cassazione sezione 6 n. 26738 del 13.09.2020 che, sotto questo punto di vista, ha accolto la doglianza difensiva nella parte in cui è stata lamentata l’applicazione da parte del giudice di merito di una determinata norma incriminatrice sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato nella fattispecie astratta.
Nel caso esaminato la Corte di appello ha sottovalutato il fatto che l’imputato avesse sostenuto che quelle droghe erano da lui detenute per farne consumo personale ed anche il suo stato di tossicodipendenza da cannabinoidi e cocaina, comprovato da un certificato prodotto dalla difesa; ed ha sostenuto che la destinazione allo spaccio di quelle sostanze fosse desumibile dalla circostanza che la cocaina fosse portata dall’imputato indosso mentre era alla guida della moto, divisa in due involucri, nonché dalla circostanza che all’interno della sua abitazione, dove era stata trovata la marijuana, gli inquirenti avevano scoperto un bilancino di precisione che si era sostenuto essere un tipico strumento utilizzato dagli spacciatori per preparare le dosi destinate alla rivendita.
In tal modo sono stati irragionevolmente considerati elementi fattuali di significato tutt’altro che univoco, tenuto conto che i quantitativi di droga erano esigui, che le modalità di custodia erano ben compatibili con una destinazione delle sostanze al consumo personale e che non era accertata l’esistenza di alcun concreto dato seriamente collegabile ad un’attività di spaccio in favore di terzi, non potendo essere valorizzata la mera disponibilità di un bilancino che ben poteva essere custodito in casa anche da un mero consumatore.
Al riguardo va, dunque, ribadito il principio di diritto secondo il quale la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità, poiché, al contrario, la destinazione della sostanza allo “spaccio” è elemento costitutivo del reato di illecita detenzione della stessa e, come tale, deve essere provata dalla pubblica accusa; non spetta, pertanto, all’imputato dimostrare la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente di cui sia stato trovato in possesso (così, tra le altre, Sez. 4, n. 39262 del 25/09/2008, Rv. 241468).
L’impostazione argomentativa dei giudici di merito, nella quale è ravvisabile un erroneo impiego di massime di esperienza, permette di rilevare la mancanza assoluta di prova circa l’esistenza di un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice contestata: situazione questa nella quale si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Diciamo che in materia di stupefacenti è possibile tutto e il contrario di tutto, aspettiamo la prossima massima.

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