
MFS è attualmente imputata dinanzi a un tribunale per il reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (nella specie due assistenti della Polizia di Stato), aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 9, cod. pen.
Chiede alla Corte di cassazione la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria.
Motiva la sua richiesta denunciando un clima generalizzato di pregiudizio nei suoi confronti da parte di diversi magistrati in servizio in due distretti giudiziari.
Questo pregiudizio, a suo dire, deriverebbe da “una fitta interessenza di rapporti tra parti civili, inquirenti e ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito”.
Teme che l’imparzialità dell’ufficio giudiziario cui spetta giudicarla “sia seriamente incisa e menomata”.
La Corte di cassazione (Sez. 6^, ordinanza n. 23548/2022, udienza del 29 aprile 2022), constata che “le dedotte situazioni potenzialmente pregiudizievoli per l’imparzialità dell’organo giudicante trovano naturale momento di valutazione nell’ambito della procedura di astensione di cui agli artt. 36 e segg. cod. proc. pen., laddove di natura del tutto diversa sono i presupposti dei casi di rimessione di cui all’art. 45 cod. proc. pen.”
Dichiara pertanto inammissibile il ricorso di MFS e la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di 3.000 € alla cassa delle ammende.
Piccola storia si sarebbe portati a dire ma si sbaglierebbe perché MFS è un giudice.
Un giudice che, a quanto pare, non si fida di una nutrita platea, grande due distretti, di suoi colleghi e pretende di essere giudicata da un tribunale diverso da quello competente, per di più invocando un istituto – la rimessione – che la Corte di cassazione dice essere stato impropriamente evocato.
Come diceva Freak Antoni, “Nella vita è importante che gli altri ti vengano incontro, così sai da che parte spostarti”.

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.