Annullata la nomina di Antonio Balsamo a presidente del tribunale di Palermo: il TAR Lazio censura l’“interpretazione evolutiva” del CSM

La sentenza del TAR Lazio

… Premessa

È stata pubblicata ieri 19 settembre 2022 la sentenza n. 11915/2022 (udienza del 18 maggio 2022) della prima sezione del TAR Lazio.

Il giudizio è nato dal ricorso presentato dal Dr. Piergiorgio Morosini nei confronti del Consiglio superiore della magistratura (CSM) e del Dr. Antonio Balsamo, volto all’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari, della delibera del Plenum del CSM del 7 luglio 2021 con cui è stata approvata la proposta della Quinta Commissione del medesimo Consiglio di conferimento in favore del dott. Antonio Balsamo dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Palermo, nonché di ogni altro atto presupposto.

Si rinvia al testo integrale della sentenza per la riassunzione delle posizioni delle parti e del rigetto dell’eccezione di improcedibilità presentata dalla parte controinteressata.

Ci si focalizza quindi sulle ragioni della decisione riguardo al merito del ricorso.

… Limiti spaziali e temporali del passaggio di funzioni

Ai sensi dell’art. 13, comma 3, d.lgs. n. 160/2006,  i magistrati che chiedono di passare dalla funzione requirente a quella giudicante (o viceversa) sono soggetti a limiti normativi spaziali e temporali: il passaggio non è permesso all’interno del distretto giudiziario di provenienza, dei distretti giudiziari della stessa regione di provenienza e di quello determinato ai sensi dell’art. 11 c.p.p. in relazione al distretto di provenienza; il passaggio può essere chiesto non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera e solo dopo avere svolto un quinquennio di servizio continuativo nella funzione di provenienza.

Il comma 6 del citato art. 13 prevede alcune eccezioni valide esclusivamente per le funzioni di legittimità: le limitazioni sancite dal comma 3, elencate nel precedente periodo, non valgono per il mutamento di funzioni che consegue al conferimento delle funzioni apicali e superiori di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16 (funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità; funzioni direttive superiori requirenti di legittimità; funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità; funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: procuratore generale presso la Corte di Cassazione); inoltre le limitazioni di cui al comma 3, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, non si applicano alle funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10 (rispettivamente consigliere e sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione; presidente di sezione e avvocato generale presso la Corte di Cassazione).

Il tenore letterale delle norme menzionate rende evidente che per il Dr. Balsamo, sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione prima della sua nomina alla presidenza del tribunale palermitano, operava la sola eccezione territoriale relativa alla sede di destinazione ma non quella che deroga al limite quinquennale (prevista esclusivamente per le nomine a funzioni direttive superiori e apicali di legittimità, tra le quali non rientra ovviamente la presidenza del tribunale di Palermo).

Osserva il TAR Lazio che il CSM era perfettamente consapevole di questo regime normativo tanto da affermare la necessità di una sua “interpretazione evolutiva” che tenesse conto delle peculiarità delle funzioni di legittimità nel cui ambito la funzione nomofilattica è condivisa dai pubblici ministeri tanto quanto dai giudici.

Il giudice amministrativo non ha tuttavia condiviso questa opzione.

Anzitutto, perché lo stesso CSM nella delibera impugnata ha ricordato che “l’opzione per la funzione giudicante o per quella requirente richiede la necessaria acquisizione di specifiche professionalità, che presuppone la progressiva sedimentazione delle relative competenze, limitando, così, al massimo la dispersione di tale formazione specialistica, determinata da passaggi temporalmente ravvicinati tra l’una e l’altra funzione”.

E dunque  – osserva il TAR – “Scopo ultimo della disciplina introdotta nel 2006 deve quindi ritenersi quello di garantire la conservazione della specifica professionalità propria della funzione esercitata, e tale finalità non può non caratterizzare anche il passaggio di funzioni ove il magistrato provenga dal ruolo di legittimità. Infatti, anche se entrambe le funzioni di legittimità, giudicanti e requirenti, sono caratterizzate dall’esercizio della nomofilachia, che le accomuna, esse in ogni caso mantengono la differenziazione sostanziale che è alla base della distinzione tra ruolo requirente e ruolo giudicante, nei tratti essenziali della loro disciplina e del loro esercizio, che dà luogo anche in Cassazione al confronto dialettico tra le parti del giudizio, solo all’esito del quale si forma la decisione del giudicante”.

Senza contare – aggiunge il giudice amministrativo – che “ritenere che le funzioni di legittimità possano, per la loro peculiarità, non soggiacere alle restrizioni relative al passaggio di funzioni previste in generale per tutti i magistrati comporterebbe un trattamento differenziato difficilmente compatibile con il principio fondamentale, posto dall’art. 107 Cost., secondo cui i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni”.

…Calcolo del dies ad quem per il computo del termine di legittimazione

Il TAR ha ritenuto ugualmente fondata la censura del ricorrente sulle modalità di determinazione di tale termine.

L’ultimo passaggio di funzioni del Dr. Balsamo risaliva al 10 marzo 2016 sicché, alla data di vacanza del posto di presidente del tribunale di Palermo (15 luglio 2020), non era ancora decorso il quinquennio richiesto dal citato art. 13 d. lgs. n. 160/2006.

Non è consentito – ricorda il TAR – utilizzare, come ha fatto il CSM, il diverso termine della data della delibera di nominadovendosi in materia rispettare il principio generale secondo cui i requisiti di legittimazione devono essere posseduti alla data di vacanza del posto o, in caso di diversa previsione del bando, al più tardi al momento della domanda di partecipazione alla procedura. L’art. 13 del d.lgs. n. 160 del 2006, infatti, prevede che il passaggio di funzioni “può essere richiesto dall’interessato dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata”, con ciò ancorando, chiaramente, il requisito temporale al momento della domanda e non a quello dell’assegnazione del posto, né dell’effettivo passaggio di funzioni. Diversamente opinando verrebbe meno ogni certezza in ordine alla legittimazione dei partecipanti alla procedura, con la conseguente lesione anche del principio della par condicio dei concorrenti”.

… “Sterilizzazione” delle funzioni svolte, in considerazione del periodo trascorso fuori ruolo

Nel periodo in cui prestava servizio come sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, il Dr. Balsamo è stato contestualmente applicato al tribunale di Caltanissetta per la definizione dei procedimenti aventi ad oggetto le stragi di Capaci e di via D’Amelio e, dal 28 marzo 2018, è stato collocato fuori ruolo presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso le Nazioni Unite.

Osserva il TAR che il CSM, considerando questi periodi idonei a “sterilizzare” le funzioni requirenti svolte dall’interessato e a rendere quindi prevalenti le funzioni giudicanti ai fini della sua legittimazione a partecipare alla procedura di nomina, ha compiuto un’ulteriore illegittimità.

Si riporta integralmente il relativo passaggio motivazionale: “La valutazione del periodo fuori ruolo rispetto alle limitazioni previste dall’art. 13 del d.lgs. n. 160/2006 è espressamente disciplinata dall’art. 65 del Testo Unico sulla dirigenza, che prevede, nel rispetto della regola posta dall’art. 50 del d.lgs. n. 160/2006, che “ai fini dell’applicazione delle limitazioni previste dall’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, il periodo fuori ruolo è considerato equivalente, sotto il profilo funzionale, all’attività giudiziaria da ultima svolta prima del collocamento fuori ruolo”. La disposizione è quindi chiara nello stabilire il criterio di equivalenza, per la determinazione della legittimazione, tra il fuori ruolo e le ultime funzioni svolte. In tal senso si è già pronunciata, del resto, questa Sezione, rilevando che “il complesso dei dati normativi primarî (artt. 13 e 50 d.lgs. 160 cit.) e delle circolari del Csm chiarisce come l’attività del magistrato fuori ruolo vada equiparata – tramite una fictio iuris – all’esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte” (Tar Lazio, sez. I, sentenza 31 marzo 2022, n. 3711). Tali non possono che essere, nel caso di specie, le funzioni requirenti di legittimità, in quanto il controinteressato ricopriva il ruolo di sostituto procuratore generale, ritualmente assegnato all’esito di procedura selettiva, mentre le funzioni giudicanti esercitate presso il Tribunale di Caltanissetta in applicazione erano circoscritte alla definizione di alcuni processi pendenti al momento della presa di servizio in Cassazione. È evidente come, per individuare le funzioni svolte, non possa certo utilizzarsi un criterio quantitativo, in relazione al tempo impiegato rispettivamente nelle funzioni principali o in applicazione, o qualitativo, sotto il profilo della prevalenza delle une o delle altre, dovendosi, piuttosto, dare rilievo all’unico elemento certo, coincidente con il posto effettivamente ottenuto e ricoperto, ovvero quello requirente. Di conseguenza risultano fondate le censure afferenti l’illegittimo riconoscimento della legittimazione del controinteressato alla partecipazione alla procedura”.

… L’esito

A queste complessive argomentazioni è seguito l’annullamento della delibera impugnata con conseguente obbligo del CSM di “rideterminarsi ai fini dell’attribuzione dell’incarico direttivo per cui è causa”.

Opinioni dall’interno

Sul sito web di Area, una delle formazioni della magistratura associata, i magistrati che ne sono espressione all’interno del CSM, cioè Giuseppe Cascini, Elisabetta Chinaglia, Alessandra Dal Moro, Mario Suriano e Francesco “Ciccio” Zaccaro informano periodicamente i lettori dell’andamento delle sedute consiliari.

Questo è avvenuto (qui il link alla pagina web) anche per la seduta del plenum del CSM del 7 luglio 2021 nella quale è stata deliberata la nomina del Dr. Balsamo a presidente del tribunale di Palermo.

Si apprende anzitutto che la votazione per la scelta tra i due candidati Balsamo e Morosini è stata ripetuta due volte ed ha avuto in entrambi i casi il medesimo esito (12 voti per ciascuno) sicché l’ufficio direttivo è stato attribuito al Dr. Balsamo solo in virtù della sua maggiore anzianità.

Si apprende inoltre che già nella seduta del plenum erano state mosse obiezioni sovrapponibili a quelle poi ritenute fondate dal TAR Lazio ma, evidentemente, non sono riuscite a convincere un numero di consiglieri sufficienti a preferire il candidato concorrente del Dr. Balsamo.

Considerazioni conclusive

Non fa parte della linea editoriale di Terzultima Fermata scagliarsi contro persone e istituzioni.

Qui si raccontano fatti in modo oggettivo e poi si esprimono opinioni per loro natura soggettive ma sempre e soltanto motivate con percorsi argomentativi chiari.

Sono noti e unanimemente riconosciuti il valore professionale del Dr. Balsamo e l’importanza dei risultati che ha raggiunto in ognuna delle postazioni occupate nella sua ormai lunga carriera.

Di certo è stato un vantaggio e non un danno per il tribunale di Palermo averlo presidente.

Eppure, non è un vantaggio per il Dr. Balsamo, per la magistratura, per il CSM e per la collettività nel cui nome viene amministrata giustizia che la sua nomina, e prima ancora la sua candidatura, siano il frutto di quella che pare – e come tale è stata considerata dal TAR competente – non un’interpretazione evolutiva ma una disinvolta ed illegittima forzatura di una norma chiarissima nel suo tenore letterale e nel suo scopo.

Non è un vantaggio che una volta di più il CSM sia citato dinanzi al giudice amministrativo con l’”accusa” di avere nominato illegittimamente il capo di un ufficio giudiziario che, per peso effettivo e valore simbolico, è tra i più importanti d’Italia.

Non è un vantaggio la percezione che il CSM sia disposto a violare pervicacemente la legge pur di raggiungere il risultato voluto, anche quando, ed è questo il caso, la violazione abbia prodotto la nomina di un magistrato di valore, certamente capace di dirigere degnamente l’ufficio cui è stato destinato.

Quanti altri annullamenti saranno necessari prima che si acquisti consapevolezza di quanto dannose siano queste prassi?