Avviso orale del Questore: il divieto di possesso e uso di cellulari deve essere motivato

La massima

Una recentissima decisione della Corte di cassazione  (Sez. 1^, sentenza n. 31601/2022 – udienza del 15 luglio 2022) ha chiarito che “in tema di misure di prevenzione nei confronti di persone socialmente pericolose deve ritenersi che il telefono cellulare rientri nella nozione di apparato di comunicazione radiotrasmittente di cui il questore, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 1423 del 1965, può imporre, con l’avviso orale, il divieto di utilizzare a persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi […] Tuttavia, detto divieto deve essere imposto con specifica motivazione, necessaria alla stregua del generale obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi che impongono limiti ai diritti soggettivi, ma anche perché l’art. 4 citato non prevede, come conseguenza obbligata dell’avviso orale nei confronti di determinati soggetti, il divieto di possedere o utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, ma conferisce al questore la possibilità di imporre il suddetto divieto in considerazione della personalità dell’avvisato e del possibile uso, da parte di questi, degli apparati in questione, con la conseguenza che l’avviso deve espressamente indicare le ragioni per le quali ha imposto il divieto di cui trattasi”.

Il caso

AF è stato riconosciuto responsabile in entrambi i gradi di merito del reato previsto dall’art. 76, comma 2, d.lgs. 159/2011 (Codice antimafia), perché, dopo avere ricevuto l’avviso orale del Questore che gli imponeva il divieto di possedere e utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radio ricetrasmittente, radar o visori monitor, lo aveva violato possedendo un telefono cellulare.

Il suo difensore ricorre per cassazione.

Deduce, per ciò che qui interessa, che l’art. 3, comma 4, d.lgs. n. 159/2011, elencando le apparecchiature delle quali il Questore può inibire l’uso o il possesso in caso in cui ricorrano le condizioni di cui al comma 3 del medesimo articolo, non menziona il telefono cellulare.

Ne desume che l’inclusione di tale dispositivo tra quelli vietati equivale ad un’indebita estensione giurisprudenziale, peraltro giustificata da un unico e risalente precedente di legittimità, che confligge con il principio della prevedibilità delle decisioni giurisdizionali affermato dai giudici europei dei diritti umani e fa venir meno l’elemento soggettivo del reato.

La decisione della Corte di cassazione

Il collegio della prima sezione penale ha anzitutto ricordato che l’appartenenza dei dispositivi cellulari al genus degli apparati di comunicazione radiotrasmittente è stata affermata fin dal 2009 (Sez. Feriale, sentenza n. 38514/2009) e ribadita qualche anno dopo (Sez. 1^, sentenza n. 28796/2014).

Ha tuttavia aggiunto, nei termini ricordati in premessa, che il divieto di possesso e uso di apparati di comunicazione a distanza non è un effetto automatico dell’avviso orale sicché il potere discrezionale di cui dispone il Questore al riguardo deve essere esercitato in modo motivato e comunque connesso alla personalità dell’avvisato ed al tipo di uso che verosimilmente farebbe di quegli apparati (sentenza n. 28796/2014 citata).

La sentenza impugnata è stata pertanto annullata con rinvio allo scopo di “verificare la sussistenza dei presupposti del reato contestato, in sede di rinvio, con particolare riferimento all’esistenza di un valido provvedimento amministrativo che impone all’imputato il divieto di possedere qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente e le ragioni della prescrizione aggiuntiva”.