
Ieri, 2 settembre, il parlamentare Enrico Costa, sul suo profilo Twitter (@Enrico__Costa) ha diffuso questo post:
“Pillole dal CSM: “Non commette illecito disciplinare il Pm che acquisisce copia di atti di un procedimento che lo riguarda avvalendosi delle relazioni di ufficio con il personale di cancelleria laddove tale condotta sia stata posta in essere in uno stato di evidente turbamento…”.
La notorietà di Costa e il contenuto del post hanno fatto sì che si creasse un notevole interesse attorno alla notizia.
Poiché questo blog ha una finalità informativa e diffonde, senza alcuna eccezione, solo notizie provenienti da fonti verificate, è sembrato indispensabile, senza che questo implichi alcuna sfiducia preconcetta verso l’onorevole Costa e la sua esternazione, verificare anche in questo caso.
L’ovvia fonte di riferimento è il Massimario delle decisioni della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
L’organo di autogoverno segue meritoriamente la linea della trasparenza e a conclusione di ogni anno pubblica sul suo sito web istituzionale e rende accessibile a tutti una raccolta delle massime della giurisprudenza disciplinare.
Il massimario 2021 è reperibile a questo link ma, per maggiore comodità dei lettori, lo inseriamo alla fine del post e chiunque può scaricarlo.
Una volta acquisito il documento lo abbiamo letto per intero e abbiamo trovato la conferma che cercavamo.
A pagina 30 del massimario (che diventa la pagina 34 del formato in PDF), nella sezione dedicata agli illeciti disciplinari funzionali, sottosezione violazione del dovere di correttezza, è riportata l’ordinanza n. 154/2021 (RG n. 65/2020) emessa dalla sezione disciplinare del CSM (presidente Ermini, estensore Cascini).
Questo è il suo contenuto letterale e integrale: “Non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni della grave scorrettezza nei confronti dei colleghi il comportamento del Sostituto procuratore che acquisisce copia degli atti di un procedimento che lo riguarda avvalendosi delle relazioni di ufficio con il personale di cancelleria laddove tale condotta sia stata posta in essere in uno stato di evidente turbamento che ha portato a una scarsa ponderazione dell’agire a cui, però, è seguita la restituzione delle carte, circostanze che escludono la sussistenza del requisito della gravità della condotta”.
L’incolpazione era fondata sugli artt. 1 e 2, comma 1, lett. d), D. Lgs. 109/2006 che qualificano come illecito disciplinare “i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell’ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori”.
In sintesi e secondo la Sezione disciplinare: un sostituto procuratore della Repubblica entra in possesso degli atti di un procedimento che lo riguarda; non li acquisisce per le vie ordinarie ma avvalendosi delle relazioni col personale di cancelleria; questa condotta non ha il requisito della gravità per tre ragioni: il magistrato si trovava in uno stato di evidente turbamento; il turbamento ha comportato una scarsa ponderazione dell’agire; comunque sia, il magistrato ha restituito le carte.
Come i lettori di questo blog sanno, qui si rifugge dal sensazionalismo, dall’indignazione un tanto al chilo, dai toni urlati e si preferiscono riflessioni pacate e quanto più possibile prive di soggettivismi.
Pur entro questi limiti doverosi, residuano parecchie perplessità sulla decisione divulgata dall’onorevole Costa e confermata nella sua realtà dal Massimario.
La prima nasce dalla possibile rilevanza penale della condotta oggetto dell’incolpazione disciplinare, sia pure con la scontata avvertenza che ogni valutazione è fatta su una conoscenza limitata ai dati desunti dal Massimario.
Se il procedimento di cui si parla fosse penale e se la connessione con esso del magistrato significasse che costui ha il ruolo di parte e se il procedimento si trovasse in una fase che implica la segretezza, non ci sarebbe una rivelazione di notizie segrete per istigazione o induzione? Non lo sapremo mai, evidentemente, ma ci sembra legittimo porre questa domanda.
Uno o più addetti di cancelleria hanno consegnato al magistrato le copie degli atti che gli premeva avere. Che ne è stato di loro? Sono stati perseguiti penalmente o disciplinarmente e, se sì, quale sorte gli è stata riservata?
Che vuol dire evidente turbamento? L’incolpato era rabbioso, nervoso, triste, desolato, in lacrime, cosa? E quale che fosse il suo effettivo stato, gli si può attribuire efficacia esimente? Gli stati emotivi e passionali non contano nulla in sede penale e contano così tanto nella sede disciplinare? Possibile?
E che vuol dire poi scarsa ponderazione dell’agire? Che il magistrato aveva perso la testa, che era in stato confusionale? Ma davvero?
E ancora, la restituzione delle copie illecitamente acquisite. Confessiamo un certo stupore. Forse che questo gesto ha lo straordinario effetto di annullare la conoscenza illecita nel frattempo acquisita dal magistrato? Non pare, e allora come è stato possibile valorizzarlo?
E infine, non possiamo chiudere senza chiederci cosa accadrebbe ad un cittadino comune che tenesse la stessa condotta ritenuta incolpevole dalla Sezione disciplinare.
Ancora una volta ci limitiamo a porre la domanda ma possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, che se il difensore di un imputato ne chiedesse l’assoluzione per avere agito in stato di turbamento e con scarsa ponderazione quasi gli si riderebbe dietro.
Così come siamo certi di una cosa: che decisioni come quella di cui stiamo parlando (e come tante altre che chi avrà la pazienza di leggere l’intero massimario troverà) non sono tra quelle che aumentano la fiducia verso la magistratura.

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