Interdittiva antimafia: diritto di accesso agli atti propedeutici alla sua adozione

Fatto

La Prefettura di Bologna ha avviato nei confronti di una cooperativa edile un procedimento volto ad emettere a suo carico un’interdittiva antimafia sul presupposto del pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata in direzione del suo rappresentante legale.

La cooperativa ha rivolto alla Prefettura un’istanza, ai sensi della L. 241/1990, di accesso agli atti propedeutici all’emanazione della misura, ivi compresi gli eventuali provvedimenti liberatori o interdittivi disposti a carico di una società richiamata nel provvedimento.

La Prefettura ha respinto l’istanza, affermando che  “gli eventuali provvedimenti di cui si richiede copia sono sottratti al diritto di accesso ai sensi dell’art. 3, lettera c) del Decreto del Ministro dell’Interno 16 marzo 2022 recante “Disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’art. 16 della legge 11 febbraio 2005, n. 15”.

Ricorso

La cooperativa ha fatto ricorso al TAR competente ai sensi dell’art. 116 CPA perché fosse accertato il suo diritto all’accesso ed emesso ordine di esibizione della documentazione richiesta.

Ha rappresentato il suo interesse a conoscere quella documentazione allo scopo di opporsi in sede procedimentale e giudiziaria all’emanazione dell’interdittiva, tenuto conto dei gravi effetti che sarebbe in grado di produrre sulla sua attività imprenditoriale.

Ha chiesto al TAR di applicare restrittivamente il DM 16 marzo 2022 (o, più correttamente, il previgente e omologo DM 17 novembre 1997 n. 508) in tema di esclusione dall’accesso.

Si è costituita in giudizio la Prefettura bolognese ed ha eccepito l’infondatezza dell’azione di esibizione in quanto inerente ad atti espressamente sottratti dall’accesso in virtù dell’art. 3, lettera c), del DM citato.

Sentenza

La prima sezione del TAR di Bologna ha deciso la controversia con la sentenza n. 537/2022, emessa in esito all’udienza del 15 giugno 2022, accogliendo il ricorso.

Ha anzitutto richiamato le opportune disposizioni della L. 241/1990 come modificata dalla L. 15/2005 (art. 22, commi 1 e 3, lett. b) e del DM 16 marzo 2022, il cui art. 3, lett. c), sottrae al diritto di accesso “i documenti istruttori inerenti ai procedimenti relativi al rilascio della documentazione antimafia, nonché i documenti, comunque prodotti o acquisiti, la cui conoscenza può pregiudicare l’attività di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata, e i provvedimenti prefettizi in materia di antimafia”.

Ha respinto la tesi della Prefettura resistente secondo la quale il citato art. 3, lett. c) (che attua l’art. 24, comma 1, L. 241/1990) impedirebbe senza eccezioni l’accesso alla documentazione che inerisce all’emanazione di un’interdittiva antimafia sicché il diniego sarebbe adeguatamente motivato con il suo semplice richiamo.

Ha argomentato il suo contrario avviso: “Non ritiene il Collegio di poter condividere tale eccezione, alla luce della vigente normativa in tema di accesso c.d. ordinario contenuta negli artt. 22 e seg. della legge 241/90 oltre che della stessa novella normativa contenuta nel decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021, applicabile “ratione temporis” alla fattispecie (ai sensi dell’art. 52 del d.l. 152/21 stesso) che ha interessato la disciplina procedimentale delle interdittive antimafia. Secondo orientamento giurisprudenziale – che il Collegio condivide – l’omologa previsione contenuta nel D.M. 17 novembre 1997 n. 508 quale eccezione al generale accesso documentale deve essere intrepretata restrittivamente, dovendo la mancata ostensione esser motivata con riferimento alle concrete ragioni che impediscono la divulgazione del documento (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 2 aprile 2021, n. 3973; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 24 agosto 2011, n.1146; T.A.R. Abruzzo L’Aquila, 26 marzo 2015, n. 36)”.

Ha di seguito rilevato che “L’assoluta inibizione all’accesso non è fondata nel caso di specie su alcuna valutazione di prevalenza, in concreto, delle succitate esigenze attinenti alla sicurezza pubblica, valutazione che, come detto, potrebbe in teoria giustificare tuttalpiù la temporanea dilazione dell’esercizio del diritto ovvero il parziale “mascheramento” dei soli dati valutati inaccessibili (cfr., in termini, T.A.R. Reggio Calabria Catanzaro 24 agosto 2011, n.1146; T.A.R. Lazio Roma, 2015, n. 2461)”.

Ha rafforzato questa visione interpretativa con il richiamo all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CFDUE): “Tale interpretazione restrittiva della sottrazione all’accesso si impone inoltre anche per la rilevanza in “subiecta materia” dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali di Nizza, avente lo stesso valore dei Trattati U.E. (ex multis Corte Costituzionale 15 aprile 2010, n. 138) nonché dell’art. 6 della Convenzione EDU (diritto ad un processo equo) e dello stesso art. 111 della Costituzione. Sotto il versante comunitario non può negarsi, ad avviso del Collegio, il collegamento quanto meno indiretto tra disciplina nazionale in tema di interdittive contenuta nel Codice amtimafia (d.lgs. 159/2011 e s.m.) ed il diritto eurounitario, quale presupposto per l’applicazione della Carta di Nizza (ex multis Corte Costituzionale 11 marzo 2011, n. 80) in quanto le misure interdittive oltre a costituire una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. III, 11 settembre 2017, n. 4286; id. sez. III, 22 marzo 2017, n. 1312) mirano a espungere dal mercato le imprese esposte ad infiltrazione mafiosa e, dunque, a tutelare la concorrenza tra gli operatori economici presidiata dal Trattato U.E. (in questo senso Consiglio di Stato sez. III, 25 ottobre 2021, n.7165). Se è vero che le interdittive sono rette compiutamente dal diritto interno quale istituto peculiare del nostro ordinamento, pare indiscutibile la rilevanza almeno indiretta con diritti fondamentali ed interessi di matrice comunitaria in quanto appunto funzionali ad impedire turbative del mercato ed espungere le imprese esposte ad infiltrazione mafiosa in grado di inquinare il confronto competitivo. L’art. 41 della Carta di Nizza ricomprende come noto nel “diritto ad una buona amministrazione” anche il “il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale” quale pretesa di rango comunitario”.

Ha ulteriormente ravvisato, nell’interpretazione della Prefettura, una lesione del diritto costituzionale al giusto processo: “Sotto il secondo profilo, una preclusione assoluta ed incondizionata all’accesso alla documentazione amministrativa propedeutica all’emanazione di una misura interdittiva antimafia si porrebbe in aperto contrasto con il diritto costituzionalmente garantito ad un giusto processo, tenuto conto anche delle limitazioni esistenti in tema di sindacato giurisdizionale esercitabile dal g.a., dal momento che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto, a tutela delle condizioni di sicurezza ed ordine pubblico, può essere soggetta al sindacato del giudice amministrativo, solo sotto il profilo della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati e, pertanto, nei soli limiti di evidenti vizi di eccesso di potere, dei profili della manifesta illogicità e dell’erronea e travisata valutazione dei presupposti (ex multis T.A.R. Lombardia Milano sez. I, 24 ottobre 2018, n. 2398 cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 25 giugno 2014 n. 3208; id., sez. III, 1 dicembre 2015, n. 5437; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 6 novembre 2017, n, 5167)”.

Ha da ultimo attribuito rilievo alle misure introdotte dal DL 152/2021 convertito nella L. 233/2021: “Infine “last but not least” giova evidenziare che la recente novella di cui al decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021 “Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per la prevenzione dalle infiltrazioni mafiose” convertito nella legge 233/2021 (applicabile “ratione temporis” alla presente controversia ai sensi dell’art. 52 del decreto legge) pur nulla innovando in tema di diritto di accesso ha indubbiamente potenziato le garanzie procedimentali introducendo altresì sia misure di “self cleaning” che il nuovo istituto della prevenzione collaborativa, al fine di relegare l’interdittiva antimafia ad “extrema ratio” secondo le indicazioni provenienti dalla più recente giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979). È ovvia la rilevanza del pieno accesso documentale anche al fine di garantire la piena operatività delle nuove disposizioni, nell’ambito di un rapporto di collaborazione (vedi anche l’art. 1 c. 2-bis L.241/90 come aggiunto dal d.l. 76/2020) tra la Prefettura e l’impresa nei cui confronti è stato aperto un procedimento di interdittiva”.

Ha conclusivamente ritenuto ingiustificato il diniego opposto dalla Prefettura e affermato “il diritto di accesso della società ricorrente a tutta la documentazione richiesta in formato integrale con l’istanza del 7 marzo 2022, essendo la medesima necessaria per la difesa dei propri interessi giuridici ai sensi dell’art 24 c. settimo L. 241/90”.