
La sesta sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 32005 depositata il 30 agosto 2022 ha esaminato un ricorso la cui vicenda sottostante consisteva nella condotta della madre di un minore che, spostando unilateralmente la sua residenza a centinaia di chilometri da quella del padre, ne aveva fortemente compromesso il rapporto col figlio, impedendogli di esercitare con regolarità i diritti e i doveri connessi alla genitorialità.
Il collegio di legittimità ha ritenuto che una simile condotta integri il reato di cui all’art. 574 cod. pen. (sottrazione di incapace) e non quello previsto dall’articolo 388 cod. pen. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice), in quanto di fatto esclude la possibilità di esercizio della responsabilità genitoriale da parte del padre, pur nella consapevolezza da parte di quest’ultimo del luogo ove il minore risiede.
La decisione non si è discostata da un indirizzo già esistente secondo il quale è appunto integrato il reato ex art. 574 allorché un genitore, contro la volontà dell’altro, sottragga a quest’ultimo il figlio per un periodo di tempo significativo, impedendo l’altrui esercizio della potestà genitoriale e allontanando il minore dall’ambiente d’abituale dimora (Cass. pen., Sez. V, sentenza n. 28561/2018, Rv. 273545).
Del resto, i contenuti precettivi delle disposizioni di cui all’art. 574 e all’art. 388 cod. pen., per ciò che attiene alla lesione degli interessi della famiglia, non coincidono ma hanno portata e significato diversi.
Infatti, se l’agente non ottempera a particolari disposizioni del giudice civile — sulla quantità e durata delle visite consentite al genitore non affidatario, sulle modalità e condizioni in genere fissate nel provvedimento – deve configurarsi il delitto di mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice; se, invece, la condotta di uno dei coniugi porta ad una globale sottrazione del minore alla vigilanza del coniuge affidatario, così da impedirgli non solo la funzione educativa ed i poteri insiti nell’affidamento, ma da rendergli impossibile quell’ufficio che gli è stato conferito dall’ordinamento nell’interesse del minore e della società, in tal caso ricorre il reato di cui all’art. 574 cod. pen. (Cass. pen., Sez. VI, sentenza n. 12950/1986, Rv. 174333).

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