Magistrati e politica: la carica dei pensionati alle elezioni del 25 settembre (di Vincenzo Giglio)

In ogni elezione ci sono candidature simboliche attraverso le quali le formazioni politiche che le propongono intendono dare un segnale identitario forte all’elettorato.

Così è avvenuto anche in questa tornata elettorale.

Spiccano, tra le altre, le candidature di tre magistrati in pensione.

Ci si riferisce a Federico Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia,  Roberto Scarpinato, ex procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo, e Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, i primi due candidati dal Movimento Cinque Stelle e il terzo da Fratelli d’Italia.

Ci interessa capire il senso che questi candidati attribuiscono all’impegno parlamentare al quale, con ogni probabilità, saranno destinati.

Cominciamo dal dr. Cafiero De Raho, 70 anni, pensionato da sei mesi e oggi candidato come capolista del M5S nel collegio 3 dell’Emilia Romagna.

Intervistato da F. Geremicca per il Corriere della Sera (qui il link), fa sapere di avere un rapporto diretto con Giuseppe Conte e di essersi spesso confrontato con lui su questioni normative. Ha accettato la candidatura, che è la prima e l’unica propostagli, perché sa che il contrasto alle mafie è un obiettivo prioritario del M5S. Non gli sembra strano essere il terzo ex procuratore nazionale antimafia che transita nella politica, anzi è normale che in Parlamento si porti il contributo di chi ha esperienza e specializzazione in certi temi. I suoi familiari hanno condiviso con entusiasmo questa nuova avventura, essendo convinti che dopo una vita di impegno e lavoro è giusto continuare a dare un contributo.

Cafiero De Raho è stato intervistato anche da G. Baldessarro per La Repubblica (qui il link) e questa volta, già conoscendo il collegio riservatogli, ha potuto precisare meglio il suo programma. Sa che le mafie non sono un problema esclusivamente meridionale, tutt’altro, e crede che l’impegno per la legalità non abbia confini. Vuole che la lotta alle mafie esca dallo sfondo in cui è confinata e pensa che la politica debba essere l’anello di congiunzione tra società e istituzioni. Occorre rimettere in moto gli investimenti, abbassare i costi di produzione delle aziende, restituire libertà personali e collettive e difendere i patrimoni privati e pubblici. Non sarà facile ma lui c’è.

È adesso il turno di Roberto Scarpinato, settantenne come Cafiero De Raho e pensionato da inizio anno come lui, candidato al Senato in Sicilia e Calabria.

È stato intervistato da G. Pipitone per Il Fatto Quotidiano (qui il link). Ha accettato la candidatura per due ragioni: perché è libero di farlo dopo la pensione e perché “se tu non ti occupi della politica, la politica si occupa comunque di te”, avendo capito, come già avevano fatto gli antichi Greci, che non esistono vie di salvezza individuali e che è dovere di ogni buon cittadino occuparsi della polis. Ritiene che il nostro Stato costituzionale stia attraversando una fase regressiva a causa della “clanizzazione” della politica, cioè dell’effetto nefasto di gruppi di interesse e ristrette oligarchie che hanno come unico obiettivo la spartizione delle risorse collettive senza alcun riguardo per l’interesse generale. La nostra democrazia – dice – è fragile tanto che la nascita della cosiddetta prima Repubblica è stata battezzata dalla strage di Portella della Ginestra e si è conclusa con le stragi politico-mafiose del 1992/1993. Gli è chiaro quindi che in Italia la lotta politica si è sempre svolta su un duplice livello: uno legittimo e palese, l’altro occulto, voluto e perseguito da classi dirigenti ostili alla Costituzione, mandanti morali delle stragi, alleate delle mafie e capaci perfino di depistare le indagini che si proponevano di far luce sui loro misfatti. La presenza di lobby criminali ed eversive così forti ha avuto un forte impatto sulle riforme della giustizia tanto che, ad esempio, sulla prescrizione si sono rischiate crisi di governo. Sono di conseguenza a rischio anche l’autonomia e l’indipendenza della magistratura ed è perfino a rischio di revisione il ripudio delle mafie. Lo ha capito da tanti segnali: la normalizzazione della cultura dell’omertà da cui discende la riforma dell’ergastolo ostativo, l’approvazione di leggi che gerarchizzano la magistratura ed altri ancora. Il M5S è stato l’unico partito a proporgli una candidatura e, sia pure in modo difficile e sofferto, l’ha accettata. Aveva infatti pensato di uscire dalla scena e dedicarsi agli affetti familiari ma al pensiero della polis ammalata e della democrazia avvizzita ha compreso di dover rimanere in campo. Gli è sembrato inoltre che il M5S considera centrale la questione mafia e gli è stato assicurato che godrà della massima indipendenza nel suo mandato parlamentare. E quindi anche lui c’è.

Si chiude con Carlo Nordio, 75 anni, pensionato.

D. Basso racconta per il Corriere della Sera la candidatura e i suoi retroscena (qui il link).

Il dr. Nordio ha a lungo escluso di entrare in politica ma adesso si è convinto. Sembrerebbe che gli sarà garantita una candidatura blindata con la posizione di capolista nel listino proporzionale. Sembrerebbe pure che Fratelli d’Italia, partito accreditato al momento del più alto consenso elettorale nelle prossime elezioni, voglia affidargli in caso di vittoria il ruolo di ministro della Giustizia.

Ne parla anche Huffington Post (qui il link) che rilancia il messaggio di Nordio ai lettori del quotidiano Il Messaggero per spiegare l’interruzione della sua lunga collaborazione come editorialista.

Questi i passaggi più significativi:

Dopo aver scritto, per oltre 25 anni, sulle criticità della nostra giustizia e sulla necessità di rimedi urgenti in senso garantista e liberale, la rinuncia a intervenire attivamente quando te ne viene offerta la possibilità sarebbe una mancanza di coraggio, o quantomeno un atteggiamento di incoerenza e di pigrizia”.

Dopo aver sostenuto con convinzione la battaglia per i referendum, che sapevamo perduta in partenza e per ciò stesso più nobile e disinteressata, sarebbe irragionevole sottrarsi oggi a un impegno proprio in Parlamento, cioè sul terreno della produzione normativa”.

Per dirla in breve, c’è anche Nordio.

Sono adesso chiare – almeno si spera – le ragioni che hanno indotto i tre ex magistrati ad accettare le candidature loro proposte.

È altamente probabile che tutti costoro entreranno in Parlamento ed avranno ruoli di responsabilità coerenti al loro prestigio e alla loro autorevolezza.

È certo che terranno fede alle loro storie professionali e non se ne discosteranno.

Ma proprio a causa di questa certezza, è utile ricordare alcuni tratti di quelle di quelle storie.

Sia il dr. Cafiero de Raho che il dr. Scarpinato hanno una visione precisa delle direttrici della legislazione penale e del modo in cui interpretarla. Entrambi non hanno lesinato critiche alla Corte costituzionale, alla ministra della giustizia e al Governo in carica ogni qualvolta i loro atti non assecondassero quella visione. Così è avvenuto per le sentenze demolitorie della Consulta su vari aspetti del regime dell’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario e per aspetti centrali della riforma della giustizia penale.

Il dr. Scarpinato continua poi ad assumere come fatto incontestabile la tesi della trattativa Stato – mafia e le connesse responsabilità istituzionali senza attribuire alcun peso alle ormai numerose decisioni giudiziarie che l’hanno smentita in larga parte.

E lascia anche un po’ sgomenti la tesi che la storia della nostra Repubblica abbia come principale elemento identitario le stragi, mentre noi semplicioni pensavamo che fosse nata dalla resistenza al fascismo e dai valori incarnati nella Costituzione.

Ci si chiede se sia questo il modo migliore di rivitalizzare la polis e la democrazia.

A sua volta il dr. Nordio, dichiaratamente garantista e liberale, accetta di candidarsi nella fila di un partito e di una coalizione che sui temi della giustizia non sembra ancora disporre di una visione unitaria, tantomeno nella direzione del garantismo e dei principi liberali. Si vedrà.