
Per curiosità personale e necessità di blogger frequento i social.
Pubblico qualche foto su Instagram, quasi solo di paesaggi marini o dei miei cani.
Posto qualcosa su LinkedIn per rendere note le mie pubblicazioni giuridiche a chi potrebbe avere interesse a leggerle.
Sono presente su Facebook con una pagina di Terzultima Fermata e che serve ovviamente a rilanciare i suoi post.
Già che ci sono mi iscrivo a gruppi che mi sembrano avere interessi simili ai miei.
E se un contatto diretto o indiretto posta qualcosa che suscita la mia curiosità la leggo e se ho qualcosa di sensato da replicare replico.
In più, se la cosa che mi pare sensata viene direttamente da me e non come risposta a qualcun altro, pubblico pure quella.
In fondo i social sono grandi bazar, si guarda la merce esposta, si discute con chi la vende e la si compra se si trova un accordo.
Cito adesso qualche reazione a miei recenti post.
Episodio 1: dopo la condanna in primo grado dei fratelli Bianchi per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ho dichiarato in modo mite e rispettoso di essere d’accordo con Elisabetta Zamparutti sull’insensatezza dell’ergastolo nei confronti di due giovani esseri umani, sul presupposto che anche chi si è reso responsabile di delitti brutali ha diritto alla speranza che, attraverso un profondo percorso rieducativo, gli sia consentito rientrare nella comunità di cui ha tradito i valori.
La risposta più dialogica che ho avuto è che, se proprio la penso così, posso senz’altro accomodarmi anch’io in una cella di un metro per uno e tenere compagnia ai fratelli.
Episodio 2: in un gruppo di amanti degli alberi ho detto che anch’io ne ho nel posto in cui vivo e che la loro presenza mi ispira armonia e mi aiuta a collocarmi nella giusta dimensione e non sopravvalutarmi poiché quelle creature vegetali c’erano prima di me e ci saranno dopo di me. Un membro dello stesso gruppo mi ha detto che mi stavo invece sopravvalutando e che, tanto, tra un secolo saremo tutti scomparsi, noi e gli alberi, sommersi dal mare. Mi ha detto in sostanza che stavo dicendo sciocchezze e che l’unico atteggiamento possibile è un nichilismo assoluto e disperato.
Ora, io sono sinceramente convinto che chiunque possa dire quello che gli pare e commentare quello che dicono gli altri.
Ma bisognerebbe pur farlo rendendo riconoscibile il proprio percorso mentale, così che sia possibile replicare sensatamente.
Su questa premessa, cosa si potrebbe replicare a chi, in risposta ad una certa visione della pena (che avrebbe pure, se ancora conta qualcosa, un aggancio costituzionale), sarebbe propenso a mandare in galera chi sostiene quella visione? Nulla, mi pare.
E che si dovrebbe dire a chi aggredisce una semplice emozione perché tanto tutti saremo cancellati dall’innalzamento dei mari? Nulla, di nuovo.
L’effetto dialogico del pensiero scompare, lo scambio di umanità viene confinato sullo sfondo, siamo tutti più poveri.

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.