Invenzioni linguistiche nelle aule di giustizia: il trombeur de femmes e altre storie (di Vincenzo Giglio)

Le aule di tribunale sono luoghi della parola: quella colta e ispirata ma anche quella un po’ fru-fru.

Ecco alcuni esempi, tutti rigorosamente veri, o almeno assai verosimili, con una mia minuscola nota esplicativa.

“Signor giudice, nego che il mio assistito sia un trombeur de femmes, nel modo più assoluto” (l’importanza di parlare le lingue).

Avvocato, per lei va bene se rinviamo il processo al 3 ottobre? No, presidente, a quella data sarò fuori sede. E allora facciamo il 15 settembre? Eh, no. Non sarò ancora tornato” (la forza del sillogismo aristotelico).

“Signori giurati, il PM fa Cinque di cognome e in effetti non merita neanche la sufficienza” (l’equazione matematica).

“Il PM è paragonabile a un automobilista che sta percorrendo una strada buia, a fari spenti, in senso vietato e ad alta velocità. Potrà solo schiantarsi” (i rischi della guida).

Se tanto mi dà tanto, il mio cliente è innocente e non mi resta altro da dire” (e ho detto tutto).

“Avvocato, la prego di concludere, parla ormai da un’ora e ha argomentato in modo esauriente. Signor presidente (dice l’avvocato guardando ora il giudice ora il cliente e i suoi familiari schierati in aula e nel frattempo facendo il gesto del denaro con le dita), mi consenta di SPENDERE ancora qualche parola” (la nobiltà della difesa).