Lo strano caso della messa in mare e dell’altare su un materassino (di Vincenzo Giglio)

Domenica 24 luglio 2022, Crotone.

È il giorno di conclusione del campo tematico “Giustizia Sociale è democrazia” organizzato dall’associazione Libera di Don Luigi Ciotti.

Il campo è ospitato in un edificio vicino al centro di Crotone e alla sua spiaggia.

È aperto a volontari, purché maggiorenni, ai quali è chiesto di collaborare a varie attività di servizio: cucina e distribuzione di pasti ai senza tetto; reperimento di prodotti alimentari da redistribuire in un emporio solidale a vantaggio di famiglie bisognose; fornitura di indumenti alla gente che vive per strada; condivisione di momenti di alfabetizzazione, integrazione e sport.

Sono particolarmente perseguite la conoscenza, la fraternità e la condivisione con i gruppi di immigrati inseriti nel sistema SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) , tenuto conto che Crotone è tra i luoghi in cui più frequentemente si registrano sbarchi di immigrati clandestini.

Un gruppo di ventuno volontari proviene dalla parrocchia milanese di San Luigi Gonzaga ed è accompagnato dal sacerdote Don Mattia Bernasconi.

Il campo è stato completato e il gruppo vuole trascorrere in spiaggia l’ultimo giorno.

Non è strano: il tratto di mare crotonese è tra i più belli d’Italia.

Sono le 10.30 di mattina è il caldo è già forte.

Don Mattia vuole celebrare la messa come ha fatto ogni giorno.

Pensa di farlo in una pineta ma è già occupata e decide allora di organizzarla in mare.

Un materassino funge da altare. Sia il celebrante che i fedeli partecipano in costume. Tutto il resto è come dev’essere.

La cerimonia viene fotografata da qualcuno e le foto si diffondono velocemente sul web.

Interviene la Curia crotonese, rimproverando il sacerdote e invitandolo ad essere più sobrio e rispettare il decoro e i simboli dell’eucarestia.

E interviene anche la procura della Repubblica di Crotone, guidata dal Dr. Capoccia, che iscrive un fascicolo con la contestazione di offesa a una confessione religiosa e delega le opportune indagini alla DIGOS.

Don Mattia si scusa per l’imprevista diffusione dell’episodio, affermando che non era sua intenzione creare alcun tipo di scandalo o banalizzare l’eucarestia.

Fin qui i fatti.

Anzi no. Qualcuno disse così: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro” (Mt 18,15-20). Si può credere oppure no a queste parole ma è un fatto che siano state dette e la Curia principalmente ma anche la procura dovrebbero conoscerle.

Adesso le opinioni.

Il reato ipotizzato dagli inquirenti crotonesi è previsto dall’art. 403 cod. pen.

Il suo primo comma punisce con la multa “chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa”.

Il secondo comma punisce con una multa di importo più elevato “chi offende una confessione religiosa mediante vilipendio di un ministro del culto”.

Chi volesse fare una ricerca giurisprudenziale sul reato in questione troverebbe ben poche decisioni e già questo è un indizio importante. Vuol dire che manca la casistica concreta ma anche che il vilipendio di una religione non è – diciamo così – una priorità nelle strategie e nei programmi delle procure.

Resta il fatto che il sentimento religioso è un bene costituzionalmente rilevante (artt. 2, 8 e 19 Cost.) ma cosa ci vuole per offenderlo?

Vilipendere significa letteralmente “tenere a vile”, cioè additare qualcosa o qualcuno al pubblico disprezzo o dileggio. Rientrano in questo ambito la contumelia, lo scherno, l’offesa fine a se stessa che costituiscono al tempo stesso un’ingiuria verso i credenti e un oltraggio ai valori etici propri del fenomeno religioso.

Parole e concetti astratti che non è facile convertire in comportamenti concreti.

Per fortuna c’è un precedente di cui si occupò qualche anno fa la Cassazione con la sentenza 41044/2015: integra il reato previsto dall’art. 403 cod. pen. la condotta di un imputato che ha realizzato ed esposto nel centro di Milano un trittico raffigurante il Papa e il suo segretario personale accostati ad un pene con testicoli con la didascalia “Chi di voi non è culo scagli la prima pietra”.

Nessuno potrebbe dubitare che questo sia un vilipendio: parole e gesti che esauriscono il loro significato in un’offesa gratuita e volgare al capo e simbolo del cattolicesimo e ad un suo stretto collaboratore e che non hanno nulla a che fare con la libertà di espressione del pensiero.

Ma che c’entra tutto questo con Don Mattia e la messa a mare?

Chi può sentirsi offeso da un altare edificato su un materassino o da un sacerdote in costume?

Aspettiamo con paziente curiosità che il Dr. Capoccia ce lo spieghi.

Così come aspettiamo di capire perché il predetto Dr. Capoccia abbia affidato le indagini alla DIGOS (acronimo che sta per Divisione investigazioni generali e operazioni speciali), cioè il dipartimento che si occupa dei reati di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico e delle manifestazioni pubbliche da cui possano derivare pericoli per la sicurezza e l’ordine pubblico.

Siamo davvero curiosi ma intanto pensiamo che più di due millenni e mezzo fa per le vie di Crotone passeggiavano Pitagora e i suoi allievi e ci viene un po’ di tristezza.